don Gherardo Gambelli nuovo Arcivescovo di Firenze
Oggi, giovedì 18 aprile 2024, alle ore 12:00 presso la Curia arcivescovile di Firenze è stato nominato Arcivescovo di Firenze don Gherardo Gambelli.
Grati al Signore per questo dono che viene fatto alla Chiesa e in particolare alla Chiesa di Firenze, ci uniamo nella preghiera per il nuovo Arcivescovo e per la sua missione.
Come parrocchia ci sentiamo ancora più grati e spinti al sostegno nella preghiera a don Gherardo che è stato parroco qui tra noi dal 2007 al 2011.
Lodiamo il Signore e, da subito, ci sentiamo in comunione con il nuovo Arcivescovo.
Maria Immacolata possa accompagnarlo sempre nel suo ministero episcopale.
La data della sua ordinazione sarà il 24 giugno 2024.
Il Parroco e la comunità Parrocchiale
Cari fratelli e sorelle della Chiesa fiorentina e voi tutti, uomini e donne, che vivete nel suo territorio.
Penso che possiate facilmente immaginare lo “tsunami” di sentimenti, emozioni, pensieri che si muovono nel mio cuore dal giorno in cui il Nunzio mi ha manifestato la volontà di Papa Francesco di nominarmi Arcivescovo di Firenze.
Desidero anzitutto esprimere la mia profonda gratitudine al Papa per la fiducia riposta in me, chiamandomi a questo importante e delicato incarico. Sento di poter dire che la scelta di un prete di Firenze è un segno grande di stima e di fiducia da parte del Vescovo di Roma nei confronti di tutta la nostra Diocesi. In questa Chiesa fiorentina sono nato e cresciuto, come laico prima nella parrocchia di Santa Verdiana a Castelfiorentino, come prete poi nelle parrocchie di Santo Stefano in Pane a Rifredi, dell’Immacolata e San Martino a Montughi e della Madonna della Tosse.
Nel dare la mia disponibilità al Papa, accettando la mia nomina, ho percepito una chiamata di Dio a rendermi ancora più disponibile per sdebitarmi del dono immenso del Vangelo ricevuto prima e dopo la mia ordinazione sacerdotale. Le belle testimonianze di fede rese da parte di tante persone incontrate durante il mio servizio pastorale mi hanno fatto comprendere progressivamente che, nella logica del Vangelo, il modo migliore per custodire i doni ricevuti sia quello di condividerli. Gli anni passati in Africa me lo hanno ulteriormente confermato.
Ringrazio a tale riguardo il Cardinale Giuseppe Betori perché, quando gli manifestai il mio desiderio di partire come fidei donum per il Ciad nel 2011, non esitò un istante a esprimermi il suo consenso convinto ed entusiasta. Rientrato da appena un anno in Diocesi, non mi sarei mai aspettato che toccasse a me diventare il suo successore. Nonostante le paure e le preoccupazioni, ho avvertito varie volte in questi giorni la presenza di una luce e di una forza interiore che mi hanno sostenuto, invitandomi alla fiducia. Quando il Nunzio mi ha chiesto di scrivere a mano una breve lettera al Papa, scegliendo una citazione biblica per esprimergli l’accettazione della mia nomina, ho pensato subito al Salmo 25,15: “Tengo fisso lo sguardo sul Signore perché libera dal laccio il mio piede”. Mi sono subito reso conto della dura lotta da affrontare, perché ogni volta che abbasso lo sguardo volgendolo verso di me, percepisco questo laccio che afferra il mio piede, frenando lo slancio di camminare serenamente dietro al Signore.
La Provvidenza di Dio ha voluto che l’annuncio della mia nomina cadesse nella settimana che precede la quarta domenica di Pasqua che per noi cattolici è la domenica del Buon Pastore. Ascolteremo le parole di Gesù nel Vangelo di Giovanni al capitolo 10: “Come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore. E ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle io devo guidare”. È Lui il vero pastore della Chiesa, il modello della scelta evangelizzatrice che ci spinge ad andare verso le periferie geografiche ed esistenziali nel nostro impegno missionario. Come ci ricorda Papa Francesco nell’Esortazione Apostolica Evangelii Gaudium: “Affascinati da tale modello, vogliamo inserirci a fondo nella società, condividiamo la vita con tutti, ascoltiamo le loro preoccupazioni, collaboriamo materialmente e spiritualmente nelle loro necessità, ci rallegriamo con coloro che sono nella gioia, piangiamo con quelli che piangono e ci impegniamo nella costruzione di un mondo nuovo, gomito a gomito con gli altri. Ma non come un obbligo, non come un peso che ci esaurisce, ma come una scelta personale che ci riempie di gioia e ci conferisce identità” (EG 269).
Nel rivolgere il mio saluto alla Diocesi e alla città di Firenze desidero esprimere prima di tutto la mia profonda gratitudine e riconoscenza all’Arcivescovo il Cardinale Giuseppe Betori per la sua generosa testimonianza di fede nel guidare la nostra Chiesa durante i suoi 15 anni di ministero episcopale. Eminenza, la sua decisione di restare a Firenze come Vescovo emerito ci riempie di gioia, perché manifesta il suo amore per la nostra città che è cresciuto in lei in questi anni, malgrado il carattere di noi fiorentini, che non sempre brilliamo per la capacità di accogliere chi viene da fuori.
Saluto e ringrazio il Vicario generale, Mons. Giancarlo Corti, i Vicari Episcopali, i preti, i diaconi, i religiosi e le religiose, i seminaristi, gli operatori pastorali, i fedeli dell’Arcidiocesi esprimendo la mia gioia di poter proseguire il cammino con voi sulle orme del Cristo.
Saluto cordialmente i fratelli e le sorelle delle altre confessioni cristiane, i membri della comunità ebraica e musulmana, e di altre religioni presenti sul territorio della nostra Diocesi di Firenze. La bella tradizione di impegno nel dialogo ecumenico e nel dialogo interreligioso della parrocchia della Madonna della Tosse, di cui sono stato parroco quest’anno, mi ha permesso di incontrare e di conoscere personalmente il Rabbino, l’Imam e diversi pastori delle Chiese di Firenze con i quali sono nate promettenti amicizie che spero di poter rafforzare nel tempo.
Saluto le autorità e le istituzioni della città, esprimendo la mia ferma volontà di proseguire nella collaborazione “gomito a gomito” per la costruzione di una società più giusta e solidale, nell’attenzione e nel rispetto della dignità di ogni persona, soprattutto dei più poveri ed esclusi. Davanti alla minaccia dell’espansione delle guerre nel mondo, ci sentiamo più che mai interpellati alla responsabilità di lavorare con più coraggio e tenacia per la pace, che si costruisce in maniera artigianale, nell’attenzione ai gesti quotidiani di perdono e riconciliazione.
Vorrei concludere rivolgendo un ultimo saluto ai fratelli e alle sorelle detenuti, particolarmente quelli e quelle della casa circondariale di Sollicciano, in cui ho svolto il mio ministero come cappellano durante quest’anno pastorale. Anche se non potrò continuare a visitarvi regolarmente, non dimenticherò le parole della Scrittura che dice: “Ricordatevi dei carcerati, come se foste loro compagni di carcere” (Eb 13,3). Con l’aiuto del Signore, mi impegnerò come Vescovo a essere attento alle vostre necessità, come a quelle di tanti fratelli e sorelle spesso dimenticati e scartati dalla nostra società.
Nel dire il mio sì alla volontà di Dio, mi affido all’intercessione di Maria santissima madre della Chiesa, a quella dei santi Vescovi Zanobi e Antonino, del Venerabile Elia Dalla Costa, dei Santi e della Sante della Chiesa fiorentina, perché mi aiutino a fidarmi sempre più della Provvidenza del Signore, capace di far concorrere tutto al bene. Certo della preghiera e del sostegno di voi qui presenti e di tanti fratelli e sorelle, proseguiamo con fiducia il nostro cammino, tenendo fisso lo sguardo sul Signore che libera dal laccio il nostro piede, perché è capace di amarci sempre e nuovamente di un amore infinito e incrollabile.