- Domenica 14 III di Pasqua (i discepoli di Emmaus)
Il discepolo sconosciuto
Molti sono i nomi che sono stati proposti per il discepolo non nominato nel Vangelo che pure accompagna Cleofa nel suo viaggio. Tra questi i più probabili potrebbero essere, secondo i manoscritti, Simone/Simeone o Ammaon/Amaon che secondo sant’Ambrogio potrebbe essere una trascrizione erronea di “Simeone”; Nathanael, secondo sant’Epifanio (come riportato nel suo Panarion); Nicodemo, secondo il vangelo apocrifo di Giovanni in arabo; l’evangelista Luca, secondo il Libro delle Api; Filippo il diacono; Giacomo; o ancora Maria di Cleofa.
Il viaggio verso Emmaus
I due discepoli nell’episodio stavano camminando sulla strada per Emmaus, intenti in una discussione seria, quando Gesù li incontra. Essi non lo riconoscono e lo vedono come uno straniero. Nelle sue Omelie sui vangeli (Hom. 23), San Gregorio Magno scriveva:
«Essi, difatti, non avevano fede in lui, anche se stavano parlando di lui. Il Signore, allora, apparve a loro ma non si mostrò con un volto tale da poterlo riconoscere. In questo modo il Signore agì esternamente, lasciando loro capire col cuore quanto i loro occhi non riuscivano a vedere […] Il Signore era con loro ma nel contempo non gli rivelava la sua identità. Dal momento che stavano parlando di Lui, Egli mostrò loro la Sua presenza, ma dal momento che essi dubitavano, fece in modo di rendersi riconoscibile»
Gesù lascia che gli apostoli raccontino delle loro ansie e delle loro paure; li lascia disperarsi esprimendo tutto il loro dispiacere per quanto accaduto. Gesù enfaticamente li ascolta e utilizza le scritture per confortarli nella comprensione della “sofferenza e della gloria”. Durante il viaggio verso Emmaus, secondo Alfred McBride, Gesù pazientemente guida i due discepoli “dalla disperazione alla celebrazione” e li nutre della fede così che essi possano vedere “la sua presenza reale nello spezzare il pane”.
“Resta con noi”
Luca 24,28–29 riporta che Gesù rimase con gli apostoli e cenò quindi con loro dopo l’incontro sulla strada:
«Quando furono vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano. Ma essi insistettero: «Resta con noi, perché si fa sera e il giorno è ormai al tramonto». Egli entrò per rimanere con loro.»
I due discepoli mostrano la loro apertura nei confronti dello straniero, che è Gesù, invitandolo a rimanere con loro, a cenare insieme in compagnia. Jan Lambrecht ha suggerito che questo fatto ha consentito a Gesù di cambiarli radicalmente: “Offrendo ospitalità al compagno di Emmaus [i discepoli] furono in grado di trascendere la loro auto-consapevolezza, la loro tristezza, la loro pazzia, la loro lentezza di cuore preparandosi quindi all’esperienza rivelatoria attorno al tavolo della cena.”
La cena di Emmaus
In un primo momento, Gesù appare a Cleofa e a un altro discepolo, ma “i loro occhi erano ciechi” e non lo riconobbero. Successivamente, “allo spezzare del pane” (Lc 24,30), “i loro occhi si aprirono” e lo riconobbero (Luca 24,31).
Nella sua lettera apostolica Mane nobiscum Domine, San Giovanni Paolo II disse che quando i due discepoli chiesero a Gesù di rimanere “con” loro, questi rispose dando loro modo di rimanere “in” lui, entrando in profonda comunione con Gesù attraverso il sacramento dell’eucaristia (Gv 15,4). Poco dopo Gesù accondiscende alla loro richiesta di rimanere, secondo il santo pontefice, «il volto di Gesù scompare, e si fa strada quello del Maestro che sta con loro, nascosto nello spezzare del pane che apre gli occhi a riconoscerlo… Quando le menti sono illuminate ed i cuori sono ingentiliti, i segni iniziano a parlare».