Quali parroci delle comunità che sorgono nel vicariato di Rifredi, desideriamo esprimere alcune riflessioni che nascono dal nostro vivere ed operare in mezzo alle persone affidate alla nostra cura pastorale.
I contesti nei quali prende forma la vita delle nostre comunità hanno conosciuto negli ultimi anni profonde trasformazioni. I cambiamenti intervenuti hanno inciso molto profondamente sul tessuto socio-economico-culturale del nostro quartiere, aggravando sempre più i sintomi di un disagio crescente che colpisce tanto i singoli quanto le dinamiche che animano le relazioni sociali, determinando una situazione di degrado sempre più grande.
Ne sono vittima tutti: ogni singola persona, le famiglie, i vari gruppi sociali e le diverse realtà che popolano questa porzione di territorio della città. Quando parliamo con la gente sentiamo preoccupazione, smarrimento, paura e anche abbandono. Le strade non sono più sicure come un tempo e sono luogo dove si esasperano conflitti e povertà. Le nostre vie e le nostre piazze, una fra tutte Piazza Dalmazia, non sono più tanto un luogo di incontro e aggregazione quanto lo scenario dove si verificano episodi di delinquenza, dove non si può sostare tranquillamente soprattutto nelle ore serali. I furti, le risse, episodi di ubriachezza molesta e di disturbo vario si susseguono, la sporcizia aumenta, un generale senso di trascuratezza si manifesta nel decoro urbano ma ancor più negli atteggiamenti delle persone. Lo spaccio di sostanze stupefacenti di ogni tipo fa da padrone, anche in pieno giorno, ormai a cielo aperto e coinvolge tanti ragazzi anche minorenni.
Proprio i giovani sono i primi per i quali siamo preoccupati. Non hanno più luoghi e strutture dove potersi aggregare in modo sano, non facili opportunità di istruzione e formazione capace anche di accompagnarli. Ad attenderli, talvolta, è la strada, con le sue regole spietate.
Rifredi ha cambiato volto. È diventata anonima, indifferente, teatro di azioni e presenze che sono il frutto di un crescente conflitto sociale, di un’aumentata povertà, di affrettate decisioni a livello politico e amministrativo. La crisi del lavoro presenta il suo conto, così come un’assenza di vera integrazione nei confronti delle tante persone immigrate che giungono in questo quartiere.
Quest’ultimo aspetto ci porta a riflettere sul tema della vera e buona accoglienza, che ci pare non essere quella prevalente. Lo scenario che viviamo nelle nostre comunità, infatti, ci rivela il contrario. Tanti giovani, giovanissimi, percorrono le nostre strade senza alcuna meta né prospettiva e sono facile preda di proposte allettanti di tipo delinquenziale. C’è una cosa che non manca tra le nostre vie e nelle nostre piazze: la droga. Circola ampiamente e diventa segno di una follia collettiva, fuori controllo, quasi ormai parte integrante di un modo di concepire le dinamiche sociali.
Allo stesso tempo Rifredi ha un altro elemento che sembra contraddistinguerlo più di altri quartieri: in esso sono state concentrate tante strutture di accoglienza per persone immigrate, particolarmente minori. Di fronte ad un generale deserto di vere opportunità di integrazione, per questi ragazzi si apre una prospettiva di abbandono e trascuratezza, preludio di un futuro di espedienti e di scarse prospettive. Mentre il loro numero è sempre in crescita, diminuiscono progressivamente le opportunità date ed anche a livello amministrativo e politico sono sempre meno le tutele che accompagnano i percorsi di inclusione a loro destinati. Basti pensare che nella nostra Regione Toscana, ormai da quattro anni, cioè dal 2019, non sono più finanziati i cosiddetti corsi professionalizzanti drop out – prima ininterrottamente finanziati ogni anno – cioè quelli rivolti alla fascia di età 16-18 anni, proprio quella alla quale appartengono la maggior parte dei minori stranieri non accompagnati. La conseguenza è che per questi ultimi si rende difficile, se non impossibile, entrare in percorsi istruttivi o professionalizzanti. Da una parte gli istituti scolastici non li accettano perché privi della conoscenza della lingua, dall’altra però non ci sono alternative formative, se non limitatamente ad età inferiori. Il risultato è che questi ragazzi rimangono fuori da ogni percorso e quindi dalla possibilità di una vera inclusione e una concreta prospettiva di futuro. Dinanzi a loro si spalanca il tempo vuoto del non far nulla che apre le porte alla strada, al girovagare privo di obiettivi e, facilmente, alla trappola della vita di espedienti.
Le tante strutture di accoglienza che sono nate per ospitare questi ragazzi fanno i conti con questo contesto “non accogliente” e privo di prospettive. Rifredi ne ha tante (troppe?), alcune delle quali aperte recentemente con carattere emergenziale e secondo standards strutturali non ben definiti, anche a livello normativo, cosa questa che espone i ragazzi accolti a situazioni di scarsa tutela e quasi di abbandono rispetto alla seria proposta di percorsi educativi. Ciò non fa che generare nuove solitudini e condizioni vicine al fallimento, con conseguenze che non toccano solo i singoli coinvolti ma che finiscono per ripercuotersi sull’intero quartiere. Di fronte a tutto questo cresce, quale piaga, un progressivo rifiuto dell’altro, un generale senso di diffidenza e, quasi inevitabilmente, di ingiustificato razzismo.
Non desideriamo, in alcun modo, addentrarci in temi e questioni più strettamente politiche ma avvertiamo la necessità di farci portavoce di un diffuso appello alle istituzioni da parte della gente che vive le nostre comunità.
Il nostro non vuole essere un messaggio di resa o di avvilimento ma un suggerimento, rivolto alle tante parti sane di questa città e alle istituzioni che la governano, perché ai cittadini sia data la possibilità di vivere in un contesto sereno e di coltivare prospettive positive.
Il contesto valoriale di riferimento, con l’apporto di tutti, è chiamato a cambiare.
La logica del profitto, dell’azione di forza e dell’interesse economico devono cedere il posto ad altro e accompagnare un innovativo sistema di welfare capace di concreto sostegno al vivere sociale.
Non chiediamo ordine e sicurezza quale frutto di azioni repressive, ma sane iniziative per costruire relazioni positive, capaci di mettere insieme le tante e creative risorse di questo territorio. Papa Francesco ci suggerisce una strada capace di far nascere nuove relazioni: “noi dobbiamo avviare processi e non occupare spazi…non bisogna privilegiare gli spazi di potere rispetto ai tempi, anche lunghi, dei processi”.
Il degrado che oggi segnaliamo e che ci addolora profondamente non è quello delle occupazioni abusive, che ci appaiano più il sintomo dei problemi che non la causa. Ci preoccupa, piuttosto, il degrado dovuto alla non volontà di porre mano a ciò che è necessario per garantire diritti e dignità per tutti.
Siamo pronti a fare la nostra parte, senza tirarci indietro, ma abbiamo bisogno del contributo di tutti e, in particolar modo, di chi è chiamato ad amministrare questa città.
È necessario fare subito qualcosa per Rifredi…non si può attendere oltre. Non possono più bastare azioni di superficie, quali la ripulitura di una strada o lo sgombero di un palazzo occupato. La presenza vera, in mezzo alla comunità, di una sana promozione del bene sociale è molto più laboriosa da costruire ma è l’unica prospettiva seria per cui valga la pena impegnarsi.
Firenze, 10 ottobre 2023
I Parroci delle Parrocchie del Vicariato di Rifredi